mercoledì 16 dicembre 2009

Brucia Baby Burn

Carillon

Guardavamo una ruspa che distruggeva una casa.O forse era una locanda.Si,doveva essere il Carillon,a Schiavonea.La ruspa ci dava dentro e noi guardavamo lo spettacolo.Doveva essere di sera,tardo pomeriggio,perchè mi ricordo ancora il sapore che sentivo nella bocca:Frittata ai peperoni.Mamma ci faceva mangiare in spiaggia dopo l'ultimo bagno.Il Carillon era,forse,un night club.Storie brutte giravano su quel posto,ma ormai era chiuso da anni.La sua demolizione era comunque salutata,da gran parte della popolazione,con una gioia forsennata.La polvere si alzava e la ruspa lanciava strepiti fantastici.La stessa che ho ritrovato,anni dopo,nel jazz violentato di James Chance and The Contortions.

Il Circolo Del Dolore

La mattina esco sempre tardi.Vado a comprare il giornale e passo per i giardinetti.Mi piaciono quegli alberi invincibili ed allergici ai giardinieri.Mi fanno sentire meglio(la mattina ho sempre la bocca secca ed il naso chiuso).Da qualche tempo vedo tre vecchietti seduti sempre sulla stessa panchina.Si raccontano i loro malanni ed i loro problemi(problemi che sono poi regolarmente riconducibili ai malanni).Li ho chiamati Il Circolo del Dolore.Il capo del circolo è un vegliardo con delle ulcere spaventose su un lato del viso.Esce ricoperto da una cremina che spande odore di farmacia in un raggio di dieci metri.Il secondo abita di fronte ai giardini,è un incrocio fra Lino Banfi ed un austero ministro della Germania dell'Est.Solo non è mai stato comunista(credo).Una volta l'ho visto piangere davanti alla tomba della moglie.La tomba della moglie è vicina a quella di una mia zia.L'ultimo è il più giovane ed è(relativamente)in salute.Porta il bastone,ma sembra più che altro un vezzo.Parla spesso di donne e compra certa stampa softerotica.Non la nasconde nemmeno,e fa bene,non credo ci sia nulla di vergognoso in questo.il miracolo vero è che ancora gli tiri il cazzo.Mia mamma mi ha detto che sono lì fin dalle prime ore della mattina.Ogni tanto si portano dei biscotti(i vecchi mangiano solo Bucaneve o Atene,biscotti che hanno una certa tempra tipicamente maschile.Biscotti che si addicono a chi ha patito la fame,niente fronzoli e niente cioccolato!).Parlano di reumatismi,di polacchi e Rumeni che sono stranieri ma in fondo pagano gli affitti delle loro seconde case,ed ancora più in fondo-si dicono e sperano-saranno proprio loro a cambiargli il catetere quando sarà ormai chiaro che nessuno dei loro figli vorrà farlo.Insomma,questi vecchi, organizzano il loro talk show quotidiano.Domani,una nuova puntata de Il Circolo del Dolore.

NaziGirlfriend

Entro in macchina del leader e fa già caldo,nuvolaglie bianche color pasta in bianco fanno il paio con il (cosidetto)cielo a pecorelle.La Mercedes di Contrada Lecco è un punto lussuoso fra sterpaglie,piscio e resti di falò(presumibilmente di immigrati e tossici).Potrebbe attraversarci la strada un chupacabra da un momento all'altro.Potrebbe apparire un uomo in fiamme per il gran caldo.Prima di arrivare,passando davanti al parco Robinson,ho visto cavalli scheletrici ruminare zombiescamente fieno giallo come i capelli della top model più amata degli anni novanta:Claudia Schiffer.Sempre nella zona industriale di Contrada Lecco,ruspe gigantesche scavano buche a terra per collegamenti illuminanti.Dai buchi vengono tirati su,con le vanghe dagli operai,pezzi di asfalto e nuclei familiari allargati del tipo di vermi che mio nonno usava come esca.

Il ciclo dei vinti dopo lo Tsunami

Words are few
I have spoken
I could waste a thousand years
Wrapped in sorrow words are token
Come inside and catch my tears
Culture Club-Do you really want to hurt me-

Molti giorni dopo lo Tsunami,alcuni studiosi si ritrovarono per cominciare una spedizione di recupero.Il recupero che avevano in mente questi luminari era sostanzialmente inutile,si sarebbero occupati solo di oggetti superflui.In quegli stessi giorni nel mio paese si stava preparando la festa di laurea del figlio omosessuale di un ricco venditore di mobili.Il ragazzo aveva scelto di concentrare dentro il suo curatissimo corpicino gli stereotipi più abusati per descrivere gli omosessuali.Il padre lo odiava.Il genitore aveva organizzato una festa piena di ragazze e di evidenti simboli fallici.Era un comportamentista convinto(anche se del tutto inconsapevole):il ragazzo avrebbe imparato cosa vuol dire far gridare una figa di piacere.Con le buone o con le cattive.Il nostro giovane neolaureato invece non ne voleva proprio sapere.Aveva pensato che gli sarebbe piaciuto se un drappello di camerieri vestiti come Oscar Wilde avesse animato la festa.Immaginava grandi vasche di cocktail a base di vodka,dove,come isole alla deriva,galleggiavano solitari dei cuori di anguria.Sopra le vasche,come a sormontarle,ci sarebbero state delle sculture di ghiaccio,rappresentanti il meglio dell'arte statuaria Ellenistica.Può,la deriva di un pezzo di anguria in un cocktail,provocare uno Tsunami dall'altra parte del mondo?

Splendori Persi Nella Campagna

I wouldn't come back if I'd have been Jesus
I'm the kinda guy who leaves the scene of the crime
I wouldn't come back if I'd have been Jesus
I'm the kinda guy who leaves the scene of the crime
I wouldn't come back if I'd have been Jesus
I'm the (fades out)

White Palms-Black Rebel Motorcycle Club-

Una storia di denti rotti e di porte che si aprono su scene inconsuete

Nel palazzo di fronte abitano solo le monache.Affittano gli appartamenti alle famiglie e agli studenti.Per loro hanno riservato il sesto ed il settimo piano.Gli ultimi due.Per stare più vicine a Dio.Al terzo piano abita una ragazza madre.Ma la sua non è una storia lacrimosa,ci sarebbe solo da ridere,perchè la fortuna,in questo caso, è essere da sola.I bambini sono due cerebrolesi.Carmine e Giovannina.L'estate i due bambini vanno al mare con la mamma.Prendono il treno e vanno a Paola.Fanno il bagno alle T e riemergono grondanti piccoli tumori.Piccoli tumori che la mamma lava pazientemente via.Non ci vanno ogni domenica,delle volte rimangono a casa,ma via Panebianco l'estate è deserta,ed i due fratellini giocano nel cortile:Giovannina sta in porta con il braccio fesso e Carmine gli spara addosso bordate di supersantos.Giovannina urla,e nessuno capisce mai se di gioia e di dolore.Quando fa gol,Carmine imita il rumore del cancello di ferro che serve da porta.Le monache rompono i coglioni,dopo un pochetto si fanno vedere al balcone:Al signore piace il silenzio.Carmine,ma soprattutto Giovannina,hanno una paura fottuta del Signore,quindi e meglio non fare casino.Si siedono all'ombra,vicino ad una gatta grassa che allatta i cuccioli(la gatta ha i capezzoli consumati,perchè ormai i cuccioli sono piuttosto cresciutelli,e Carmine chiama i capezzoli capicchi).Da seduti colorano i vecchi albi di Soldino e Braccio di Ferro che la suora più gentile gli regala.

In uno dei palazzi vicini abita Nino l'Erotomane.Nino si masturba sei volta al giorno.E' innamorato di una delle suore del palazzo,la segue e delle volte si tira le seghe mentre lei stende i panni.Quando sta per venire grida come un pazzo.Vuole farle capire che è cotto di lei.E' come se ammazzasse un vitello grasso per far giungere i fumi ad un Dio insensibile.Non c'è Dio più insensibile di una suora Filippina.

Quando i bambini vanno in campagna possono correre e gridare,ogni tanto cadono e rompono gli occhiali.Poi la mamma li aggiusta con lo scotch.Le zie vecchie gli danno caramelle all'anice e recitano il rosario.Carmine bara,nel maggio dello scorso anno,notoriamente il mese Mariano,aveva promesso che avrebbe recitato cinquanta Avemarie al giorno.La promessa era stata raccolta da un sacerdote Africano dopo la messa.Giovannina era rimasta delusa:quando aveva allungato la mano,per toccare il viso del prete,non si era ritrovata le dita sporche di nero.Il sacerdote si era ritratto al volo alla carezza della bimba.Non sono tempi buoni per la Chiesa Cattolica ed i gesti d'affetto,sono tutti pronti ad equivocare.Un pittore rincoglionito ha detto che vuol fare un ritratto ai due bambini.Li vuole ritrarre mentre giocano in campagna e corrono per i prati.Il quadro si chiamerà Splendori persi nella Campagna.

Gli Angeli Appesi

Era quasi Natale e come ogni anno tutti ritornavamo in paese. Come sempre il comune aveva disposto le solite luminarie sospese fra una casa e l’altra, le scritte di ogni dicembre: Buon Natale, Auguri, Pace e felicità. Le solite cazzate e la stella luminosa appesa sulla porta della Chiesa. Il mio paese stava sprofondando nella noia e nella violenza: quattro ragazzi avevano incendiato un coetaneo e lo avevano lasciato sulla pista di pattinaggio del centro sportivo a correre in cerchio come un gatto che vuole riprendersi la coda. Alla fine era finito all’ospedale di Cetraro perché in quelli più vicini non c’era posto. Con mio cugino in autobus, mentre tornavamo da Roma avevamo considerato che almeno uno avrebbe passato il Natale al mare. L’ospedale di Cetraro si affacciava sul mare, sembrava una clinica da soap opera.
La sera del 22 Dicembre eravamo tutti al bar: io, Gianluigi, pieno di coca per far passare la serata più velocemente, e mio cugino. Bevevamo birra franziskaner in offerta speciale, il barista alzava le mani, le metteva ad altoparlante davanti alla bocca e gridava: Ecco le freschissime, chi ha chiesto le freschissime ? Un imbecille patetico. Come sempre pioveva fitto ed io e gli altri andammo al distributore di sigarette, mentre attraversavamo la piazza deserta, se si escludevano due o tre macchine con relativi conducenti ferme e con i fari spenti. Non parlavano fra di loro. Li chiamavamo gli asociali Alzai gli occhi al cielo e tirai la manica del giubbotto di mio cugino, dall’alto stava scendendo qualcosa, inizialmente ci erano sembrati palloni aerostatici, poi manichini. Alla fine lo capimmo erano Angeli. Il Signore doveva essere certo che il nostro paese meritasse una strigliata ed aveva deciso che bisognava mandare proprio le milizie celesti a fare un po’ di ordine. Mentre scendevano le vesti bianche si impigliarono nei fili delle luminarie e gli Angeli cominciarono a friggere appesi ai fili elettrici. Mai giocare con l’elettricità se hai le mani bagnate. I nostri genitori lo dicevano da sempre. Quei corpi perfetti (sembravano tutti calciatori particolarmente attraenti) erano leggerissimi, i fili quasi non si piegavano, sembrava avessero la consistenza dello zucchero a velo, ed intanto bruciavano, non velocemente, era piuttosto un abbrustolire con calma, come quando al fuoco della madonna a Settembre facevamo i peperoni alla brace. Gridavano ma dalla loro voce usciva come un verso fatto da un sordomuto. Il mio paese non si meritava degli Angeli.
Le vacanze volarono via e la gente si abituò subito a quei corpi appesi e ad un certo punto li ignorò deliberatamente. Ogni tanto cadeva qualche piuma, oppure un randagio che stava in piazza da sempre si metteva ad abbaiare spaventato quando il vento li scuoteva. Nessuno dei miei amici si era fermato a spendere qualche secondo a guardarli, io avevo provato a spingere lo sguardo fra le vesti, ma era tutto di un biancore accecante, come le coroncine di un rosario fluorescente. Non si vedeva nulla che potesse sembrare un organo sessuale.
Dopo l’epifania tutti i ragazzi e le ragazze che erano tornati da Roma, Milano o chissà da dove, se ne salivano. In piazza file di macchine accompagnavano studenti all’autobus con i due autisti ed il bigliettaio che si grattavano i coglioni e sbadigliavano come rincoglioniti. Il bus per Roma partiva alle cinque ed un quarto. A Gennaio a quell’ora è notte ed intanto che caricavano i bagagli fumavano sigarette e bestemmiavano. Nemmeno loro guardarono gli Angeli.
Il Dodici Gennaio vennero gli operai dell’azienda che affittava le luminarie ai comuni della zona. Era una ditta di Corigliano e il tipo (capo operaio e capo azienda in un colpo solo) lo chiamavamo l’africano perché era scuro di pelle. Ma non era Africano. Quando vide gli Angeli appesi si sporse e gridò agli altri operai: A vistu, ka ci su iuti l’acialli, e poi si mise a ridere. La pioggia e la combustione lenta avevano trasformato gli Angeli in dei polli allo spiedo giganteschi. Quello che rimaneva delle ali doveva aver portato l’”Africano” a credere che degli uccelli si fossero impigliati nei fili. Chi paiusu i merda, mancu l’ati cacciati, ma un l’ati visti ca s’eranu vrusciati? Disse così rivolto ai vecchi infreddoliti che si voltarono dall’altra parte e cominciò a scuotere i fili fino a farli cadere per terra. Così com’era salito sulla scala scese e, con sorpresa, constatando come quei corpi fossero leggeri, li lanciò nel cassone del camion dove mettevano i pezzi delle luminarie. Chissi i jettamu nua, ma si ni vena a sars vi denunciu a tuttu u paisu. L’Africano salì sul camion assieme ai suoi operai e partì verso un’altra zona del paese dove ancora non aveva smantellato le luci. Le li degli Angeli sbattevano fra loro a causa delle buche delle strade. Fu l’ultima volta che vidi gli Angeli.